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Beatrice Lakes su "Il fidanzato delle ragazze"

Torno adesso, stordita e infreddolita, dalla terrazza sulla quale mi ero posizionata alle 19, sole in faccia, a leggere il libro.
Il tempo passa, insieme alle pagine, neanche sento il freddo...
arrivo a pagina 166 con gli occhi umidi e il magone in gola, la posizione yoga a chiusura del libro, e mi accorgo che ho finito.
In effetti il sole non c'è più, il mio coinquilino sta facendo la cena e sull'orologio c'è scritto 21!
E io devo essere in preda a quello che descrivi come "inquietudine illogica di qualcosa che vuole uscire a tutti i costi dalla testa (in questo caso la bocca, forse), l'indisciplinato turbamento nella ricerca del modo per farlo uscire (...) il malumore quasi istantaneo per la consapevolezza, spesso errata, che poteva essere realizzato meglio".
Appena avrò cliccato su Invia Mail, penserò "potevo aspettare domani, scema che non sono altro...e quante cazzate ho scritto".
Pazienza.
L'impeto nella lettura mi ha fatto imbrattare il libro di segni per non perdere di vista i passaggi che mi hanno emozionato o fatto ridere all'improvviso...
L'avventura comincia dai nomi: spiazzante l'idea dei nomi alla rovescia.
Tutti invertiti a parte Andrea, a mezzo tra i generi.
Dopo l'iniziale fastidio per quei nomi "che non tornano", ci si affeziona alla stranezza di quei nomi da uomo che finiscono in -a e quelli da donna che finiscono in -o, e si attende il prossimo personaggio per stupirsi ancora un po’...
Si rimane incollati alla pagina da subito.
Scusa questo entusiasmo ma solitamente non leggo storie (si dice romanzi? o narrativa?) ...preferisco testi di vario genere, ultimamente tanta psicologia; mi annoia la narrativa, come andare al cinema, mi sembra di averne abbastanza delle mie storie per poter affrontare quelle degli altri (al contrario che nella vita quotidiana, dove le storie altrui m’interessano più delle mie).
Poi qualche mese fa ho letto Ammaniti e sono rimasta di stucco: bevuto d'un sorso, come il tuo libro. Dovrò ricredermi sulla "narrativa"...
Ho trovato nel tuo libro un concentrato improbabile di idee originali, sulle persone, sulle cose, sui luoghi, espresse in un modo accattivante e stimolante per l'immaginazione e i sensi.
Intuizioni insolite, chissà se dettate da esperienze, o da empatia e osservazione del mondo... alcuni spaccati sull'emotività dei personaggi che descrivi sono così acuti che lasciano immobili... pennellate improvvise e dai colori intensi.
Mi è rimasto impresso anche il taglio scenografico di alcune scene che racconti... inquadrature che sembrano di una macchina da presa più che di una penna (o di una tastiera dovrei dire, ormai!).
Che dire? Mi hai regalato un bel fine giornata, sicuramente inaspettato e intenso...
Il tuo libro mi ha fatto ridere e commuovere, e pensare che vorrei farlo leggere a un paio di persone che lo apprezzerebbero molto.
Sai cosa ho tralasciato di scrivere?
Che c'è una grande sensualità nel racconto e che è animato da pensieri ribelli...
Beatrice Laghi

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PUBBLICATO "LA FRECCIA"

"Avrei dovuto prevederlo che non ero tagliato per fare il pendolare. Mica riesco a dormire, io, come tutti gli altri, con le gambe allungate e le scarpe appoggiate sul sedile di fronte e la testa reclinata, che si imbernoccola sul vetro, ad ogni increspatura dei binari. Io sono un incontinente espressivo. A me, appena mi siedo, mi scappa subito da scrivere. " Un bizzarro ed inquieto soliloquio epistolare, un corteggiamento senza adulterio, attraverso l'intensa intimità del racconto dei sensi. L’immobile deflagrazione di un sentimento, senza spargimento di sangue.