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Il fidanzato delle ragazze (voce di Caterino)

“il concetto di diversità non si esaurisce mai, semplicemente si trasforma”

Andrea e Caterino sono due viandanti interiori, risucchiati da un viaggio che perde la cognizione del tempo e dello spazio, all'interno di domande che non sempre necessitano di risposte.

Alternando le proprie voci e pensieri, filtrano pezzi di vita, percorrendo una strada concentrica, alla ricerca l’uno dell’altro e di se stessi.




Era saltata la luce. E non tornava.
Completamente nudi, io e Andrea ci siamo seduti a mangiare la frutta sul tappeto.
La grande candela in mezzo al tavolino profumava di vaniglia e ci disegnava strani volti in volto.
Dico: “parlami come se non fossi io”
Dice: “non ho problemi a parlare con te di nessuna cosa, neppure la più segreta, lo sai”
Dico: “non è la stessa cosa, parlami come se non fossi io”
Quando si parla con qualcuno con cui si ha molta confidenza, si sente di poter dire qualunque cosa, è vero.
Ma spesso i tempi sono inopportuni, ci si aspetta sempre che la conversazione debba avere attinenza con quel che si sta dicendo. Un concetto volante sulla qualità sacra dell’orgasmo clitorideo, raramente si ferma sulla spalliera del divano dove si sta parlando di politica ambientale.
A volte poi, non si dicono cose che sappiamo essere già state capite, dimenticando quanto sia liberatoria la parola detta.
Così, ci sono pensieri che si incollano alle pareti interne del cervello e non trovano mai la conversazione giusta per esprimersi.
Dice: “ci credi se ti dico che dentro mi sento uomo?”

(...)

Non riesco a staccare lo sguardo da quel grosso ragno peloso. La sua forma, con tutte quelle zampe, è disgustosamente ipnotica. Sono sempre stato aracnofobico.
Lo odio e mi ripugna mentre sta violando lentamente la mattonella azzurra vicino allo specchio.

Avevo circa dodici anni quando i miei fecero la loro prima vacanza all’estero. Quell’anno io restai con i nonni al mare, insieme a mia sorella più grande.
Ero contento perché i nonni andavano a letto presto e ci consentivano di uscire un po’ dopo cena, con la promessa di tornare entro le dieci. Abitavamo proprio nel centro del paese e tutta la vita si concentrava nella piazza di fronte alla nostra casa.
Alla fine di agosto, tutti gli anni, organizzavano una sagra di pesce, per recuperare i fondi per i lavori di manutenzione della chiesa.
Venivano allestiti gli stands in circolo, nel grande campo subito fuori del paese e per i ragazzi era una festa. Io gli altri anni non riuscivo mai a parteciparvi perché rientravo sempre in città prima dell’inizio.
La prima sera eravamo tutti infiocchettati e io presi accordi di libertà reciproca con mia sorella.
Io e lei arrivammo prima di tutti. Era ancora tutto chiuso e c’erano solo i primi coordinatori che iniziavano ad accendere luci e fornelli.
Si avvicinò il ragazzino del cuore di mia sorella e si appartarono a chiacchierare, lasciandomi solo a vagare per le panche, mentre aspettavo gli amici.
Da dietro il bancone che si trovava all’estremità esterna del cerchio, mi chiamò un signore vestito di bianco, con un berretto simile ai fornai, che stava spostando dei fusti di birra. Ero contento di potermi rendere utile, fosse anche solo per scappare alla noia dell’attesa.
Aveva la voce gentile e accese lo stereo come per farmi un piacere.
Eravamo dietro le pareti ondulate di metallo, dentro il casotto, quando improvvisamente

(...)


Mi sforzo di avvicinarmi al grosso ragno e lo osservo bene. Lui sta fermo sulla mattonella azzurra, intuisce il pericolo e si fa studiare ogni pelo. E’ rivoltante.
Mi obbligo a toccarlo con la punta dell’indice proprio nel centro del suo corpo nero e lui sta ancora fermo, incurvandosi solo leggermente sotto il dito.
Ho voglia di schiacciarlo come una frittata sotto la suola della scarpa che ho già in mano, sentire il rumore della sua immonda struttura che si frantuma, vedere le sue viscere esplose, incollate sulla mattonella.
Ma sono riuscito a toccarlo e ne sono fiero.
Sono io il più forte.
Lo faccio salire sulla carta patinata di una rivista e lo butto con forza fuori dalla finestra. Vivo.

tratto dal libro "Il fidanzato delle ragazze"

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