Chissà dove avevo sbagliato.
Così adesso stavamo volando, le ruote alzate da terra, il motore fuori giri, l’inarrestabile discesa fangosa, il vigneto maturo più in basso che ci saliva incontro.
Entriamo istantanei fra due filari della vigna ordinata, con le piante spaventate tutte aggrappate al doppio filo di metallo che le sorregge per l'intera pendenza e già mi sembra un successo averla infilata senza urtare i pali di cemento che la delimitano.
Un’infinità di pampini e legni nodosi stridono e graffiano la vernice e sfrecciano fuori dai finestrini aperti, acini già pronti alla raccolta si appoltigliano sulla carrozzeria e qualcuno salta dentro indispettito, per vendicarsi che quest’anno non diventerà vino.
Immagino la rossa faccia furibonda del contadino mentre guarda quella nostra vendemmia insolita.
Forse ho interpretato male quel “dosso 6” oppure Fabio, il mio coraggioso e insostituibile navigatore storico, ha sottovalutato il rinculo degli ammortizzatori sulle note del giro di prova.
Mi viene da ridere.
Ho un sacco di tempo per pensarci.
O così sembra ai miei sensi, dilatati dall’adrenalina.
Fabio è in simbiosi con la macchina almeno quanto lo è con me. Sa come reagisce l’auto a ogni determinato comando, sterzata o frenata che faccio.
Spesso anticipa i miei movimenti e la sua fiducia incrollabile nella mia guida a volte stupisce anche me.
Siamo amici da sempre, uniti da una fratellanza che va oltre il legame di sangue, non ricordo un ricordo che non lo contenga.
(...)
Comunque sia andata, usciti dalla curva “sinistra 3” ho dato più velocità e subito dopo la curva successiva “destra 5” siamo decollati diritti come fusi dal “dosso 6” verso l’infinito.
Perchè non è ancora finito il salto.
Stiamo ancora volando.
La vigna in discesa, la velocità che non diminuisce, forse a causa del fondo scivoloso che pela le gomme, le imprecazioni ovattate dell’uva che ci passa accanto veloce e si spiaccica ovunque, colorando di viola il parabrezza.
Il viola. Ho sentito da poco parlare del fatto che il colore viola porti sfortuna, ma non ricordo a chi e perchè. Non ricordo perchè gli attribuiscono poteri nefasti di sfiga ad oltranza.
Il viola è anche il colore rappresentativo di una squadra di calcio.
Non lo seguo molto come sport però quella squadra, in effetti, non va tanto bene in campionato.
Mica tanto. Sarà vero che porta un po' di sfiga quel colore?
E mi torna da ridere.
Riesco a prendermi in giro con le stupidaggini anche in un momento come questo.
Fabio accanto a me è in completa aderenza al sedile che lo abbraccia con le cinture, le ginocchia lievemente alzate pronte al movimento e le braccia in avanti a proteggere il viso. E non emette neanche un suono.
Chissà se anche lui avverte la dilatazione temporale dell’adrenalina.
Con gli occhi attenti e lo sguardo esteso pare studiare il percorso per me, come fa sempre, quasi stia scegliendo la strada migliore, come se ce ne fossero più di una da scegliere, dentro questo dannato tubo di uva, quasi possa stabilire lui dove ci fermeremo, perchè prima o poi dovremo pur fermarci!
Vedo che trattiene il respiro, o meglio, ottimizza la respirazione al minimo consentito per rafforzare la concentrazione. Le narici dilatate pulsano ritmicamente ma non entra aria lì dentro. Il filo d’ossigeno passa direttamente dalla bocca, fra i denti chiusi, senza il rallentamento selettivo dei filtri nasali.
In questa immobilità valutativa, ogni tanto gira uno sguardo rassicurante e indefinibile verso di me e piega le labbra verso l’alto, in positivo, come per dirmi: “tranquillo, sto decidendo la strada migliore”.
tratto dal libro "Quindici quasi Diciassette"
Così adesso stavamo volando, le ruote alzate da terra, il motore fuori giri, l’inarrestabile discesa fangosa, il vigneto maturo più in basso che ci saliva incontro.
Entriamo istantanei fra due filari della vigna ordinata, con le piante spaventate tutte aggrappate al doppio filo di metallo che le sorregge per l'intera pendenza e già mi sembra un successo averla infilata senza urtare i pali di cemento che la delimitano.
Un’infinità di pampini e legni nodosi stridono e graffiano la vernice e sfrecciano fuori dai finestrini aperti, acini già pronti alla raccolta si appoltigliano sulla carrozzeria e qualcuno salta dentro indispettito, per vendicarsi che quest’anno non diventerà vino.
Immagino la rossa faccia furibonda del contadino mentre guarda quella nostra vendemmia insolita.
Forse ho interpretato male quel “dosso 6” oppure Fabio, il mio coraggioso e insostituibile navigatore storico, ha sottovalutato il rinculo degli ammortizzatori sulle note del giro di prova.
Mi viene da ridere.
Ho un sacco di tempo per pensarci.
O così sembra ai miei sensi, dilatati dall’adrenalina.
Fabio è in simbiosi con la macchina almeno quanto lo è con me. Sa come reagisce l’auto a ogni determinato comando, sterzata o frenata che faccio.
Spesso anticipa i miei movimenti e la sua fiducia incrollabile nella mia guida a volte stupisce anche me.
Siamo amici da sempre, uniti da una fratellanza che va oltre il legame di sangue, non ricordo un ricordo che non lo contenga.
(...)
Comunque sia andata, usciti dalla curva “sinistra 3” ho dato più velocità e subito dopo la curva successiva “destra 5” siamo decollati diritti come fusi dal “dosso 6” verso l’infinito.
Perchè non è ancora finito il salto.
Stiamo ancora volando.
La vigna in discesa, la velocità che non diminuisce, forse a causa del fondo scivoloso che pela le gomme, le imprecazioni ovattate dell’uva che ci passa accanto veloce e si spiaccica ovunque, colorando di viola il parabrezza.
Il viola. Ho sentito da poco parlare del fatto che il colore viola porti sfortuna, ma non ricordo a chi e perchè. Non ricordo perchè gli attribuiscono poteri nefasti di sfiga ad oltranza.
Il viola è anche il colore rappresentativo di una squadra di calcio.
Non lo seguo molto come sport però quella squadra, in effetti, non va tanto bene in campionato.
Mica tanto. Sarà vero che porta un po' di sfiga quel colore?
E mi torna da ridere.
Riesco a prendermi in giro con le stupidaggini anche in un momento come questo.
Fabio accanto a me è in completa aderenza al sedile che lo abbraccia con le cinture, le ginocchia lievemente alzate pronte al movimento e le braccia in avanti a proteggere il viso. E non emette neanche un suono.
Chissà se anche lui avverte la dilatazione temporale dell’adrenalina.
Con gli occhi attenti e lo sguardo esteso pare studiare il percorso per me, come fa sempre, quasi stia scegliendo la strada migliore, come se ce ne fossero più di una da scegliere, dentro questo dannato tubo di uva, quasi possa stabilire lui dove ci fermeremo, perchè prima o poi dovremo pur fermarci!
Vedo che trattiene il respiro, o meglio, ottimizza la respirazione al minimo consentito per rafforzare la concentrazione. Le narici dilatate pulsano ritmicamente ma non entra aria lì dentro. Il filo d’ossigeno passa direttamente dalla bocca, fra i denti chiusi, senza il rallentamento selettivo dei filtri nasali.
In questa immobilità valutativa, ogni tanto gira uno sguardo rassicurante e indefinibile verso di me e piega le labbra verso l’alto, in positivo, come per dirmi: “tranquillo, sto decidendo la strada migliore”.
tratto dal libro "Quindici quasi Diciassette"
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